L'ironia è dinamica

L'ironia è dinamica

venerdì 28 gennaio 2011

LUDOVICA E GUGLIELMO, UN FEUILLETON


LA RELIGIONE DEGLI ALTRI 1.
“Dio! Ancora con il rossetto? Devi sempre essere truccata tu eh?”.
Lei non risponde.
“E poi questo carminio così acceso … Lo sai che fa tanto Hollywood anni 40/50?”.
“E pure tu basta! Sempre a battere sullo stesso tasto! Non c’è altro argomento! Mi da allegria, ecco cos’è, mi fa sentire vivace, viva”.
“E va bene! Ho capito. Però ce l’hai sempre, ogni giorno. Non vorrei che se una mattina per caso esci senza poi è uno choc! Ci manca solo che al rinnovo della carta d’identità ci scrivano così, segni particolari: non la vedrete mai senza rossetto”.
“Mai che mi chiedessi come va al lavoro, se sto bene, se continui a parlarmi quando cammino, quando prendo il caffè nella pausa pranzo, quando sto sul bus la sera e mi sento stanca e guardo fuori dal finestrino …”.
Guglielmo tace. Il suo è un silenzio colpevole. Ludovica chiude gli occhi, sorride amaramente e insiste:
“Svuotata la cartuccia dei proiettili? Non hai altre armi per far fuoco? Secondo me un po’ di decenza ce l’hai ancora e sai che sono finiti i pretesti, gli appigli. Dillo che non mi ami più, dillo che volevi solo una pupattola da ammaestrare, una Swanilda per il tuo Coppelius … Beh no, mi dispiace. Ci tengo a essere me stessa, il mio io non lo vuole affatto il conquistatore colonialista che vorresti essere, io sono mia!”.
“Ancora con questi slogan. Ti accorgi che sei passata di moda?”.
“Mi vesto come voglio, mi sistemo i capelli come più mi garba. Non vivo per essere una tua creazione, la modella dello stilista pazzo!”, gridò.
Guglielmo uscì dalla stanza per tornare con una pistola ad acqua.
“Non lo fare!”, gli intimò lei.
“Ti ho detto di levare il rossetto”, ribadì lui, calmo.
“No!”, sentenziò con furore lei.
Guglielmo sparò. L’acqua sul viso di Ludovica non lavò via il trucco ma lo sciolse un poco.
“Bastardo!”, urlò piangendo.
Lui, irremovibile: “Devi fare come ti dico, capito?”.
“Noooo”.
Guglielmo sparò di nuovo. Stavolta l’acqua bagnò anche i capelli di Ludovica che per la rabbia si strofinò via il rossetto con il dorso della mano. Il suo viso divenne una maschera. Con un fil di voce disse al marito: “Tu non mi ami più e forse non mi hai mai amato. Confessalo”.
“Perché, tu mi ami? Chiedi quello che non dai”.
“Io sì, ti amo. Il rossetto lo metto perché mi piace e anche perché è un piccolo dispetto, lo ammetto. Ma sai, questa minima ribellione mi permette di vivere ancora con te”.
“Ti amo”.
Si abbracciarono. Guglielmo le parlò teneramente baciandole la guancia: “Lo faccio per la gente. Gli altri si basano sulle apparenze, ti giudicano solo dall’aspetto, ma non lo fanno per cattiveria … cercano di dare un ordine al mondo. Come registi senza talento, danno un ruolo secondo un cliché. Gli altri non ti vedono davvero. Bisogna accontentarli, rassicurarli, rabbonirli. Cerca di non dare nell’occhio, ti prego! Sei piccolina, voglio dire … non sei alta. La bocca rosso fiammante è più da diva che da donna. Vorrei proteggerti amore mio, vorrei proteggerti dal mondo intero”, e la guardò da una distanza che solo Ludovica avvertì e si intimorì, non Guglielmo, non lui, non suo marito si accorse che parlava con un fantasma della sua mente. Il dottor Coppelius era innamorato di un sogno. In ginocchio, sul pavimento, un uomo solo sorrideva e piangeva. Ludovica lasciò Coppelius al suo dolore. Il salotto era semibuio, quasi totalmente immerso nell’oscurità. Dopo il tramonto del sole, non ci si vedeva più.
“Ludo! Ludo! Dai vieni! Lodoletta del mio cuore, stai con me, per favore! Lo faccio per te rondinella. Tu non sai quanto può essere triste ricevere occhiatacce di disappunto o sorrisini ipocriti da persone che non riescono a capirti, poveretti che sono … Tu stai là ma solo la tua coscienza ti certifica a te stesso, nessuno si rivolge a te accorgendosi di te. E’ come non vivere. E chi ha rubato il tuo posto nel mondo? Chi?”.
Silenzio in casa. Ormai è notte inoltrata.
“Ludo, sono qui tesoro, sono il tuo demiurgo, sono il tuo dio, vieni dai, stai con me, ti spiego come va il mondo tesoro, come fai senza di me, non ce la fai senza di me, ti mangerà il lupo”. Guglielmo mentre parlava era su di un fianco, sul parquet, e dondolava cullandosi.
Dopo qualche tempo si accende una luce. Ludovica è in cucina.
“Guglielmo sto preparando la cena, dai alzati. Il rossetto l’ho buttato. Ok, farò come preferisci. Però sappi che domani mi iscrivo a un corso di Kick boxing, è da un po’ che ci penso, non ammetto contestazioni. Ti va la pasta all’amatriciana?”.
“Sì buona. Però il Kick boxing non è uno sport da donna, non è femminile, che diranno tutti?”.

E’ NATALE! 2.
 
“Guglielmo! Ti ho comprato il regalo di Natale! Vuoi sapere cos’è?”.
“No”.
“Ma come? Non sei curioso?”.
“No”.
“Te lo dico: l’opera omnia di Proust con un corredo critico di primo livello”.
“Hai sbagliato. Proprio come l’anno scorso. Sono uno studioso amatoriale di Proust, l'avrò già letto no? Ho scritto persino un saggio che nessuno pubblicherà, pensavo di avertelo detto …”.
 “Ma davvero? Torno in libreria e compro qualcos’altro”.
“Sicuro sarà un altro acquisto inutile”.
“Come se ti avessi deluso sempre … puoi perdonarmi?”.
“Anch’io ho pensato a un dono per te”.
“Fammi indovinare … un paio di scarpe nere lucide di vernice, tacco 12, come quelle già avute, apprezzate – belle per carità - e archiviate? Forse ti hanno consigliato male, sarà colpa del commesso, voglio pensare così. Sai, non mi capitano spesso serate di gala o cerimonie. La sera in salotto ci sono anch’io a vedere la televisione: hai presente?Fosse per me pianterei tutto: la casa, le traduzioni, i due giorni a settimana di Counseling e starei sempre in palestra o in villa a correre. Avrei preferito delle Sneakers”.
“Comprensibilmente”.
“Non ti capisco … hai voluto buttare i soldi? E’ un nuovo sport? … oltre a quello di avere sempre ragione?”.
“Ti vedo bene elegante, sei sempre in tuta, neanche mi sembri una donna! Ludo … Qualche centimetro di elevazione ti serve. A malapena arrivi alla credenza quando abbiamo ospiti e apparecchiamo con i piatti inglesi!”.
“Beh... ti ringrazio. Però ho il mio stile, piuttosto indiscutibile direi. Parlare si può, ma decido io”.
“Adesso ricominciamo oddio no … Penso di poter fare a meno delle tue dichiarazioni di poetica. Un tapirulan tutto per te: conforme al tuo mondo, ecco cosa avrai! ”.
“Sul tapirulan farò scorrere la tua collezione di ninnoli di vetro, maniaco di Tennessee Williams che non sei altro! Un classico natalizio è il trenino fischiettante sui binari, tu però avrai altro”.
“Che strega! Ma perché?”.
“Perché se vado in palestra non ho bisogno in salotto né del tapirulan né della cyclette”.
“E se è una cyber bike?”.
“E se è Jean-Yves Tadié a spiegare il senso della memoria proustiano, non va bene?” .
“E se ti dico che Marcel, qualora tornasse in vita, verrebbe a stabilirsi da noi, mangerebbe pastasciutta e scriverebbe storielle umoristiche?”.
“Sì e magari diventerebbe un tifoso di pallanuoto e starebbe all’alba con gli occhialetti rosa ad aspettare il sole dell’avvenire, con un bel sorriso pacifico, sull’amaca, di fronte alla finestra!”.
“Sì”.
To be continued

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